Open source e welfare

Richard Stallman
Richard Stallman ideatore dell’open source

Riprendo un mio vecchio post sul mio blog per richiamare una tematica strettamente economica che pochi conoscono e che viene spesso ignorata a livello politico, forse perché ritenuta di pertinenza esclusiva del mondo informatico.

Parlo dell’ open source.

Open source non significa software gratuito, né tantomeno software di scarsa qualità o illecitamente copiato, anzi!

Per la cronaca, tutto questo sito ed il server che lo ospita funzionano esclusivamente con software Open Source di varia provenienza.

In questi giorni mi sto rendendo conto che welfare (stato sociale) e open source sono strettamente correlati.

Open source per me è diventata una questione politica, nel senso originario del termine greco polis, città, perché l’informatica è una realtà talmente pervasiva che non è più tollerabile che esistano soluzioni closed source in ambiti di rilevanza sociale.

Spiego brevemente. Il software closed source è l’insieme dei programmi a cui siamo abituati, che ci vengono concessi in licenza d’uso, ma che non siamo autorizzati né a copiare né a studiare e/o modificare. Non possiamo cioè sapere come funzionano e cosa facciano nel nostro sistema.

Viceversa, il software Open Source non crea alcun vincolo, può essere copiato, donato (ma anche rivenduto), studiato e modificato senza alcun vincolo, tranne quello di mantenere la giusta attribuzione a chi l’ha inventato.

Che c’entra il software, il meccanismo di produrlo e di distribuirlo con la nostra società? Moltissimo.

Desidero vivere in una società ove a nessuna persona vengano precluse risorse a causa di barriere finanziario/economiche.
Ma perché abbiamo bisogno di uno stato sociale?

Perché credo che la ricchezza di tutta la società derivi dall’apporto di tutti, ciascuno con le proprie specificità individuali.

Tutti quindi dovrebbero poter accedere alle risorse disponibili, incluso il software.
Open source garantisce questa possibilità ed è per questo che lo ritengo un principio politico prima ancora che una garanzia sulla accessibilità del software e delle idee.
Quando le istituzioni impongono soluzioni closed source di fatto imboccano la strada dell’anti sociale, proprio come è accaduto fin’ora, almeno in Italia.
A meno dell’utilizzo illegittimo del software closed source (ossia con la copia abusiva), questo modello di distribuzione impedisce ai meno abbienti l’accesso a conoscenze e tecnologie spesso rilevanti per il nostro ecosistema.
La selezione delle persone basata sul denaro e sulle disponibilità economiche dei singoli restringe la popolazione attiva in grado di apportare benefici alla società: non sempre le persone ricche sono le più intelligenti.

Faccio un esempio.
20 anni fa, un programma per fare animazioni, Toonz, costava circa 40 milioni di lire.
Era un prodotto destinato ai creativi.
Era meraviglioso.
Quanti creativi l’hanno potuto utilizzare? POCHISSIMI!
Ecco dimostrato come una barriera economica ha impedito alla società di produrre ricchezza (non solo economica).

È solo un esempio estremo, spero che chiarisca il mio pensiero che così si sintetizza: per il bene della società, per il welfare, deve sempre essere garantito l’accesso a tutte le risorse, soprattutto alle idee e al software.

Per chi non conoscesse l’Open Source consiglio di consultare ad esempio questo link